La lunga discesa e l’ultima salita

Lasciando Matera lungo via dei Cappuccini si incontrano un bar per la colazione e l’Antica forneria dei Sassi dove prendere qualcosa per il pranzo. Girandomi indietro di tanto in tanto vedo Matera che si fa piccola, mentre imparo a usare come riferimento le frecce verdi che da oggi in poi indicheranno il mio percorso, cioè la via Ellenica in senso inverso.

Più o meno a metà del percorso, nei pressi di una cava abbandonata, faccio una pausa all’ombra di un bunker per l’avvistamento degli uccelli, che qui trovano un ambiente ideale e sono presenti in gran quantità.

Questa tappa, di circa 27 km, è per buona parte in sostanziale discesa; quando arrivo a circa 9 km dalla fine e devo guadare il torrente Gravina (cercando di non infangarmi le scarpe) mi trovo nel punto più basso; da lì in poi si inizia la salita verso Ginosa con un dislivello di oltre 200 mt. Durante tutta questa parte finale c’è la presenza fissa di Montescaglioso, che dall’alto della sua collina sorveglia il percorso da ogni angolazione, un po’ come gli occhi della Gioconda.

Arrivato a Ginosa, anziché entrare subito in paese allungo fino ad un particolare uliveto, poco oltre il ponte, dove cerco una pianta speciale chiamata l’”Albero Pensante” per l’espressione quasi umana richiamata dal suo vecchio tronco nodoso.

Per la notte sono presso Dimora San Martino, un accogliente ostello tutt’ora in espansione gestito da Lorenzo, referente di tappa e camminatore esperto, che lo ha creato e abbellito con molta cura e un’attenzione appassionata per i dettagli.

Ginosa: i film, la sfortuna e Carmelo

Inizio a girare in solitaria per la parte bassa del paese, che si affaccia sulla gravina; la sponda opposta è piena di ruderi e grotte; al di qua, invece, l’abitato è sostanzialmente abbandonato, la Chiesa Madre e il castello sono chiusi e in giro ci sono solo gatti sospettosi e qualche gruppetto di ragazzini.

Su consiglio di Leonardo, referente di tappa, chiamo il signor Carmelo che mi raggiunge in pochi minuti: ex pastore, nato qui oltre 70 anni fa, sacrestano e testimone oculare delle varie sventure di Ginosa, mi aiuta a decifrare il paese.

Mentre passeggiamo mi parla del terremoto di metà 1800, mi indica il rudere è stato definitivamente sventrato per girare una scena de “Il Vangelo secondo Matteo” di Pasolini, e mi racconta delle varie alluvioni e frane che nel decennio scorso si sono accanite su Ginosa e svuotando il paese vecchio (ancora oggi inagibile e in attesa di un utopistico ritorno alla normalità di un tempo). Tra un crollo e l’altro Ginosa ha comunque continuato ad essere usata come set cinematografico per “Chi m’ha visto?” e “Tulips” (mi racconta delle enormi gru usate per piazzare alcune auto d’epoca tra le stradine, issandole direttamente dal fondo della gravina).

Carmelo mi accompagna dentro una serie di grotte del rione Rivolta che lui stesso ha contribuito a risistemare, e che un tempo erano abitate; mi indica, sulla parete opposta della gravina, quello che, secondo lui, è il volto urlante di un Gesù sofferente per come l’uomo stia maltrattando la natura, e infine si premura di farmi individuare, seminascoste tra la vegetazione, le chiese rupestri che domani potrò facilmente raggiungere dal mio sentiero.

Insomma, Carmelo è una persona che bisogna conoscere per poter attingere dalla sua lunga memoria storica e guardarlo mentre osserva ciò che resta del proprio paese come se ci fosse appena tornato dopo anni di lontananza.

Si può trovare Carmelo su Youtube, dato che viene intervistato spesso come esperto di Ginosa: