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L’oasi e il guado

Dopo un paio d’ore dalla partenza, per lo più tratti in piano e in discesa, scorgo il grande bacino dell’Oasi di San Giuliano; il livello dell’acqua – che varia a seconda delle stagioni – è visibilmente inferiore rispetto a quello che risulta dalla mappa e dalle foto satellitari.

Lungo la sponda di questo lago artificiale c’è una pineta con un’area pic-nic dove mi fermo per una breve sosta, ma presto riparto a buon passo ignorando le possibili deviazioni; ce n’è una che avrei fatto volentieri per andare fino alla “cripta del peccato originale” ma le previsioni annunciano pioggia e il mio piano è di arrivare a Matera il più asciutto possibile.

Passata l’oasi e la diga, cammino lungo la sponda della gravina del Bradano, e da lì si vede la gruviera di cavità scavate dall’uomo sulla parete opposta del canyon.

Quando arrivo ad attraversare la statale sono quasi a due terzi del percorso; lì c’è il bar della stazione di servizio, unico punto di ristoro di tutta la tappa, e alla cassa mi augurano buon cammino. Non molto dopo bisogna attraversare il torrente Gravina; il guado non è difficile perché l’acqua arriva a malapena alle caviglie e il fondo è piatto, ma il cemento è ricoperto di muschio viscido per cui è meglio stare attenti a non scivolare lungo i pochi metri da una sponda all’altra.

Nell’ultima ora, bella tosta, si affronta un dislivello di 300 metri; quando la salita finisce è chiaro che sono arrivato alla quota del bordo della gravina, che però ancora non si vede.

Arrivo a Matera

Quando sbuco per un attimo sul bordo del canyon e ancora i famosi Sassi non si scorgono, capisco che a Matera non arriverò frontalmente: non è un quadro già visibile da lontano che pian piano si ingrandisce, ma la si raggiunge lateralmente, di sbieco, quasi dalle spalle, e si mostrerà ai miei occhi solo quando sarà definitivamente pronta a farlo.

Continuo l’avvicinamento al centro costeggiando il bordo curvo della gravina, che per un tratto perdo di vista dato tra la strada e il canyon c’è una lunga e ininterrotta serie di edifici. Ma alla prima occasione utile, un varco verso lo strapiombo, mi infilo e finalmente ho il mio premio: la meraviglia della città di Matera e dei suoi Sassi sono in posa davanti a me come se non aspettassero altro che il mio sguardo.

In totale ho impiegato 6 ore e mezza dal Santuario di Picciano al centro di Matera, e ho fatto molto bene a tenere un passo svelto perché nel giro di poco la città viene investita da un acquazzone molto intenso.

Per i due pernottamenti materanesi ho scelto l’Ostello dei Sassi che si trova in un’ottima posizione, è ben attrezzato e i gestori sono disponibili per consigli vari.